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La Rinuncia alla Comproprietà e alla Proprietà

La Rinuncia alla Comproprietà e alla Proprietà

Sarà capitato più volte di sentir parlare di rinuncia alla comproprietà da parte di chi non intende pagare le spese di manutenzione e di messa in sicurezza di un vecchio fabbricato che minaccia di cadere.

Per evitare di pagare delle spese, magari ordinate dal Comune in quanto il fabbricato si trova su una via pubblica, il comproprietario si dichiara disponibile a rinunciare alla sua quota di proprietà.


È ammissibile la rinuncia alla quota di proprietà?

Secondo l'articolo 882, comma 2, del codice civile, il comproprietario del muro comune può esimersi dall'obbligo di contribuire alle spese di riparazione e ricostruzione, rinunciando al diritto di comunione.

L'art. 1104 comma 1 del codice civile, prevede che ciascun partecipante alla comunione debba contribuire alle spese necessarie per la conservazione e per il godimento della cosa comune, salva la facoltà di liberarsene con la rinuncia al suo diritto.

In tema di condominio l'art 1118 comma 2 del codice civile afferma invece che il condomino non può sottrarsi all'obbligo di contribuire alle spese per la conservazione delle parti comuni rinunciando al suo diritto.

In tutte queste situazioni la legge prevede la possibilità di rinuncia alla propria quota di comproprietà sulla cosa comune.


Quali sono gli effetti della rinuncia?

La rinuncia è un atto unilaterale, che non deve essere accettato dagli altri comproprietari per la sua efficacia.
Nell'ipotesi di una comproprietà il diritto di ciascuno, che va inteso "come diritto sul tutto" trova una limitazione dal concorrente diritto degli altri comproprietari, per cui, con la rinuncia di uno, il diritto degli altri si espande: si parla infatti di vix (forza) espansiva della proprietà.

In conseguenza della rinuncia alla quota di comproprietà, gli altri comproprietari si vedranno accrescere la loro quota sulla cosa comune: l'accrescimento della quota è un effetto indiretto.

Si parla di rinuncia abdicativa che ha come conseguenza l'espansione del diritto degli altri comproprietari in forza della elasticità della proprietà.


Se la rinuncia è un atto gratuito, come va tassato?

Ai fini infatti della tassazione, la rinuncia alla comproprietà e ai diritti reali è equiparata ai trasferimenti gratuiti, alla donazione in quanto manca un correspettivo anche ai fini dei relativi adempimenti.

L'imposta di donazione è collegata al rapporto di parentela fra i soggetti interessati (tra rinunciante e beneficiario della rinuncia).

Se il rapporto è di coniugio e di parentela in linea retta, l'esenzione è fino a 1.000.000,00 di Euro di valore della quota rinunciata (sull'eccedenza si applica l'aliquota del 4%); se il rapporto è in linea collaterale, tra fratelli, l'esenzione è pari a 100.000,00 (per i successivi importi l'aliquota è del 6%); se non esiste parentela l'aliquota è dell' 8%.

Le imposte catastali e ipotecarie sono dovute nella misura del 1% e 2%, rispettivo, salvo che ricorrano i benefici prima casa: in tal caso le due imposte sono dovute nella misura di euro 200,00 ciascuna.

L'atto di rinuncia sarà a cura del Notaio registrato e trascritto nei pubblici registri immobiliari.


Si può rinunciare all'intera piena proprietà?

Tizio unico proprietario di un fabbricato, può rinunciare alla proprietà? L'art. 827 del codice civile stabilisce che i beni immobili che non sono in proprietà di alcuno spettano al patrimonio dello Stato.

Recentemente è intervenuta sia la Suprema Corte di Cassazione che l'Avvocatura Generale dello Stato per affermare che se la rinuncia alla proprietà viene effettuata per sottrarsi agli obblighi e doveri, al fine di non pagare le spese di manutenzione e/o di riparazione del bene, l'effetto acquisitivo al demanio dello Stato non si attua.
In tali circostanze la rinuncia viene effettuata per scopi "fraudolenti" e pertanto non potrà produrre effetto nei confronti dello Stato.