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Divorzio giudiziale: come funziona il procedimento

Divorzio giudiziale: come funziona il procedimento

 

Divorzio giudiziale: si tratta del procedimento che si avvia quando i coniugi non trovano un accordo sulle condizioni di divorzio, oppure quando una delle due parti presenti un rifiuto a concederlo.
Il coniuge che intende portare avanti il procedimento può chiedere l'intervento del Tribunale competente per ottenere lo scioglimento del matrimonio con un procedimento noto come divorzio giudiziale.


Divorzio giudiziale: la procedura

Il divorzio giudiziale si rende necessario quando le parti non giungono, nemmeno con l'ausilio dei rispettivi avvocati, ad accordi precisi e condivisi sulle condizioni di divorzio. Solitamente, i punti che possono creare disaccordi sono l'importo dell'assegno divorzile di mantenimento del coniuge, l'assegnazione della casa familiare, la divisione dei beni e l'affidamento dei figli. 

Dunque, in caso di disaccordo su tali condizioni, il coniuge che vuole porre fine al matrimonio deve presentare domanda al Tribunale, citando il coniuge e rimettendo al giudice la decisione finale sulle domande proposte.

La competenza è stabilita dalla legge 898/1970, all'art. 4, che stabilisce come può essere inoltrata la domanda per ottenere lo scioglimento o cessazione del matrimonio. La domanda deve essere proposta al Tribunale del luogo dell'ultima residenza comune dei coniugi o, in mancanza, del luogo in cui il coniuge convenuto ha residenza o domicilio.
Quando è congiunta, la domanda può essere proposta al tribunale del luogo di residenza o domicilio dell'uno o dell'altro coniuge.

La domanda si propone con ricorso contenente l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui la domanda di scioglimento del matrimonio si fonda. Nel ricorso deve essere indicata l'esistenza di figli.


Legge sul divorzio: cosa prevede

Per capire meglio la procedura del divorzio giudiziale, facciamo un breve cenno su cosa prevede la legge sul divorzio. Il procedimento è disciplinato della legge 898/1970, che ha introdotto il divorzio come strumento di scioglimento del matrimonio. 

Il caso previsto dalla legge è legato alla separazione legale dei coniugi che dura senza interruzioni da almeno 12 mesi, in caso di separazione legale, o da almeno 6 mesi in caso di separazione consensuale.
Da notare che questi termini sono stati introdotti nel 2015. Fino a quell'anno infatti i termini previsti di separazione erano pari ad almeno tre anni.

Il procedimento di divorzio si conclude con una pronuncia che comporta una lunga serie di effetti sul piano civile, patrimoniale, successorio e sull'affidamento dei figli dei coniugi ed inizia con un ricorso presentato con l'assistenza di un avvocato.

Il giudice pronuncia con sentenza lo scioglimento o cessazione degli effetti civili del matrimonio e ordina all'ufficiale dello stato civile del luogo dove fu trascritto il matrimonio, di procedere all'annotazione della sentenza. Gli effetti sono diversi e riguardano vari aspetti.

Prima di tutto, la moglie perde il cognome del marito, ma il Tribunale può autorizzare la stessa a mantenerlo quando sussista un interesse suo o dei figli meritevole di tutela. 

Il Tribunale, valutati tutti gli elementi, può disporre l'obbligo di un coniuge di somministrare periodicamente a favore dell'altro un assegno di mantenimento, quando quest'ultimo non disponga di sufficienti mezzi per il proprio sostentamento e non ha mezzi adeguati per procurarseli, per ragioni oggettive. L'obbligo di corresponsione cessa nel caso in cui il coniuge passi a nuove nozze. 

Un altro effetto importante riguarda l'assistenza sanitaria. Nel caso in cui uno dei due coniugi non abbia titolo per ricevere l'assistenza sanitaria, conserverà il diritto nei confronti dell'ente mutualistico che assiste l'altro coniuge. Il diritto si estingue in caso di nuove nozze. 

I tempi del divorzio giudiziale sono sicuramente più lunghi rispetto a quelli di un divorzio consensuale o congiunto, che normalmente richiede solo pochi mesi. 
Dal punto di vista successorio i coniugi perdono ogni diritto ereditario, diritti che invece permangono durante la separazione personale.
Nella sentenza di divorzio potrà essere stabilito l'obbligo per un coniuge di trasferire la proprietà di beni a favore dell'altro coniuge o dei figli stessi.
È stato ormai confermato ripetutamente dalla suprema corte di cassazione che tutti questi trasferimenti sono esenti da imposte e tasse.
È fiscalmente opportuno utilizzare tali modalità di trasferimento in luogo di altri atti di cessione gratuita di beni anche perché in questo modo vengono superate tutte le problematiche dei trasferimenti immobiliari per donazione e per atto a titolo gratuito

I trasferimenti posti in essere in esecuzione della sentenza di divorzio hanno una natura particolare, sui generis e non possono essere considerati come atti a titolo gratuito.
Ci si chiede se il trasferimento posto in essere da un coniuge all'altro in esecuzione della sentenza di divorzio prima del decorso dei cinque anni dall'acquisto con le agevolazioni prima casa, comporti la decadenza delle agevolazioni. Su questo punto esiste un contrasto tra il fisco che vorrebbe la decadenza e i giudici tributari che invece ritengono che la fattispecie non dia luogo alla perdita delle agevolazioni in quanto trattasi di un evento sopravvenuto ed eccezionale.

Il Notaio Mario Sartori di Grezzana, iscritto al Collegio Notarile di Verona, grazie all'esperienza conseguita negli anni di attività può consigliare la procedura migliore per una sistemazione patrimoniale tra gli ex coniugi con massima professionalità e competenza.